La
battaglia in favore dell'eutanasia ha un nuovo paladino: il
Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano. Si è
palesato inviando una lettera a Carlo
Troilo, Consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni e al
Comitato promotore del referendum per la legalizzazione
dell'eutanasia. Nella lettera, il cui contenuto è stato reso
pubblico durante una conferenza
stampa il 18 marzo 2014,
il Presidente si impegna a richiamare «l’attenzione
del Parlamento sull’esigenza di non ignorare il problema delle
scelte di fine vita»
ed aggiungendo «Ritengo
anch’io che il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle
scelte di fine vita e eludere “un sereno e approfondito confronto
di idee” sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali
in Italia».
Nella
conferenza stampa la figura di Napolitano è stata affiancata a
quella di altri “testimonial” dell'eutanasia attiva e del
suicidio assistito quali i familiari di Mario Monicelli, di Carlo
Lizzani, di Lucio Magri, di Piergiorgio Welby, o a personalità già
schierate da tempo quali l’oncologo Umberto Veronesi. Secondo uno
schema già visto sono state fornite cifre non certificate che
affermano esservi circa mille suicidi all'anno ed altrettanti
tentativi di suicidio da parte di persone malate. E’ stato
affermato che non meglio precisate “statistiche” affermano che la
stragrande maggioranza degli italiani vuole decidere quando finire i
propri giorni. E' stata inoltre illustrata quella che viene definita
dal dott. Riccio (noto per il caso Welby) la «morte
all’italiana»,
un modello di eutanasia che sarebbe praticata nei reparti di
rianimazione a seguito della «decisione
clinica di non iniziare una terapia o interromperla, o ridurla»
senza nemmeno chiedersi se queste decisioni prese dai medici non
siano semplicemente una lecita, anzi, raccomandata astensione
dall'accanimento terapeutico. Nella conferenza stampa non è mancata
anche la strumentalizzazione di quelle “migliaia
di malati terminali in Italia”,
tutti fatti rientrare d’ufficio nel novero di richiedenti
l'eutanasia senza porsi il dubbio che magari è altro quello di cui
hanno bisogno e richiedono: assistenza e cure adeguate.
Alcune
considerazioni.
Innanzitutto
colpisce la discesa in campo del Presidente della Repubblica, figura
istituzionale che dovrebbe essere al di sopra delle parti, che così
si schiera apertamente affiancando l'associazione radicale ed
invitando il parlamento a legalizzare l'eutanasia. Non dimentichiamo
che Napolitano non è nuovo a questi interventi, il più eclatante
dei quali è stato il suo rifiuto a firmare il decreto legge che
avrebbe salvato la vita ad Eluana Englaro. Ora, scrivendo a chi
propone la legalizzazione dell'eutanasia, lo fa ancora più
apertamente.
Non
mi sembra sia così solerte a scrivere ad associazioni di malati,
come quelle che scendono in piazza per chiedere cure ed assistenza.
Non lo abbiamo sentito richiamare, ad esempio, la prima parte
dell'articolo 32 della Costituzione italiana, quello che afferma che
“La
Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo
e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli
indigenti.”
Chi è più indigente di un paziente dipendente in tutto quali sono,
ad esempio, gli ammalati di SLA? Siamo sicuri che a tutti vengano
garantite cure gratuite sufficienti?
Viviamo
un periodo di profonda crisi economica ed i tagli portati alla sanità
vanno oltre le “ottimizzazioni” e il “taglio degli sprechi”,
iniziando a farsi sentire anche sul piano clinico. Ai medici, sempre
più spesso, verrà chiesto di scegliere chi curare perché le
restrizioni stanno arrivando anche sulle risorse primarie. Nessuna
denuncia su questo da parte del Presidente della Repubblica.
Relativizziamo
ulteriormente il valore della vita, rendiamo possibile l’eutanasia
solo in certi casi limite su richiesta dell’interessato, poi
estendiamo le procedure anche a chi non la richiede, ma vive una vita
giudicata “non degna di essere vissuta”; facciamo attecchire la
cultura eutanasica fino al punto che il valore della vita perda
completamente il suo senso: allora sarà più facile negare le cure
o, perché no, rendere in qualche modo “obbligatoria” l’eutanasia
per ampissime fette della popolazione. Sto esagerando? Provate a
vedere quello che accade oggi in certi paesi “culturalmente
avanzati” come la Svizzera, il Belgio, l’Olanda o l’Australia.
Risentiamoci fra 20, 15, o forse solo 8 - 10 anni per dirci cosa
accadrà anche in Italia…
Per
il momento il cambiamento culturale procede per piccoli passi, ad
esempio come avviene in quei comuni italiani in cui vengono aperti i
registri per la raccolta delle Dichiarazioni Anticipate di
Trattamento (DAT): cosa chiederanno coloro che scriveranno le proprie
DAT? Chiederanno l’eutanasia, non altro… E se invece chiedessero
di essere curati fino all’ultimo respiro finirebbero comunque nel
computo di chi chiede di morire…
Intanto
nessuno si assicura che a tutti gli ammalati venga fornita
l'assistenza di cui hanno bisogno: nessuno scrive mozioni che
impegnino i sindaci a verificare la necessità di aprire delle
strutture, per quelle persone che richiedono un'assistenza continua
quali i pazienti in stato vegetativo persistente o gli ammalati di
SMA. Per queste persone malate i soldi iniziano a non esserci più:
devono capirlo e devono anche capire che l’unica soluzione per loro
sia “farsi da parte”. Sai che risparmio!
Da
ultimo ribadisco che è inutile dire che le DAT sono una cosa diversa
ed alternativa all'eutanasia: perfino il Presidente della Repubblica
ora si è apertamente schierato e quando parla di “fine vita” si
rivolge al Comitato “Eutanasia Legale”.
Pubblicato il 26 marzo 2014
C'è da dire che nemmeno i radicali si aspettavano tanta attenzione e prontezza di risposta. Re Giorgio veglia sugli italiani , sui vincoli di Bruxelles , sulle spese per la difesa , affinchè nessuno abbia sussulti vitali.
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